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Stefano Levi Della Torre

CIELI, STANZE, PAESAGGI

1993

Nel suo studio piccolissimo Isabella dipinge stando dentro al quadro: grandi spazi di cielo, alberi, prati, acqua, edifici. Chi è pittore conosce la sensazione di essere «laggiù» quando dipinge lontananze, o di essere «qui» quando traccia il primo piano. Si vaga nello spazio che il pennello va costruendo. In questi spazi anche lo spettatore è invitato a entrare, attraverso una soglia prospettica, o una cornice di finestra o tondo o lunetta, non per guardare ma per esserci, tra cose concrete, luci, aria, fruscii, temperature.

    La nostra normale attenzione quotidiana si limita a sfiorare le cose e le persone, per quel tanto che ci serve a identificarle e a orientarci tra esse; ma non sapremmo poi descriverle con esattezza, né gli edifici che sfioriamo per strada, né gli odori, né gli oggetti, né le fattezze delle persone. Ma ai bambini che sono maestri nell’ascoltare racconti, visivi o parlati, non piacciono le sintesi sommarie ma la corposa verosimiglianza dell’immaginazione, i particolari che moltiplicano le storie nella storia. Grazie alla precisione, l’immagine del mondo diventa immaginazione del mondo. Il racconto, scritto o dipinto, ci rapisce anche perché supera in intensità la nostra normale attenzione al reale. L’oggetto nominato e descritto è più nitido del vero e anzi, proprio in quella nitidezza riconosciamo la possibilità del vero; come se l’immaginazione precisa ci svegliasse dal sogno nebuloso del nostro normale vivere tra le cose. La pittura metafisica e surrealista gioca su questo paradosso: che l’immaginazione risulti più convincente del «vero», che ciò che non c’è, portato al massimo dell’evidenza visiva, sia più probabile di ciò che vediamo intorno e che tocchiamo. Il surrealismo ha un linguaggio iperreale, così come l’immagine iperreale ha un effetto surrealista, di trasferimento in un luogo dove le cose sorprendentemente «sono». 

    La pittura di Isabella Cuccato è surreale e iperreale. Pittura di racconto, di quei racconti che piace ascoltare e riascoltare, racconto di noi stessi trasportati in luoghi dipinti e concreti, dove il tempo rallenta e si distende. L’evidenza percettiva di questa pittura vince le cose reali che stanno al di qua della soglia che ci invita a oltrepassare. E’ un’evidenza fatta di attenzione amorosamente prolungata, di stupore per la possibilità delle cose nella luce e nell’aria, di meraviglia non solo per il mondo ma per le possibilità del mondo. 

Stefano Levi Della Torre, pittore e scrittore 

Testo per il catalogo della mostra a Martina Franca (Lecce), Cieli, stanze, paesaggi, 1993

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